La malattia di Parkinson fu definita in maniera sistematica e analitica per la prima volta nel lontano 1817 da James Parkinson, che l’ha scoperta. Bisognerà però attendere il 1877 per vedere apparire per la prima volta il termine malattia di Parkinson in un testo medico. A crearlo fu il Dottor Julius Althaus, dopo aver ricevuto l’approvazione (che rappresentava una sorta di imprimatur!) dal Professore Jean Martin Charcot dell’Università Salpétrière di Parigi, il più grande neurologo dell’epoca e forse di tutti i tempi.
Chi era James Parkinson?
Il medico James Parkinson nacque a Londra nel 1755. Figlio di un farmacista e chirurgo, era animato da molteplici interessi, dalla medicina sociale e del lavoro alla paleontologia e alla chimica (cosa che oggi sembra abbastanza strana, abituati come siamo dal XX secolo alla ultra-specializzazione!). Parkinson ha studiato e pubblicato numerosi lavori di taglio clinico, di varia specialità, dalla terapia della gotta alla peritonite complicante la perforazione dell’appendicite, forse tra le prime opere sull’argomento.
Nel suo primo celebre saggio sulla malattia che oggi ha il suo nome, Parkinson la definì “Paralisi agitante” descrivendone minuziosamente le caratteristiche cliniche: il tremore, la riduzione della forza muscolare, la deambulazione a piccoli passi e la caratteristica anomalia della postura con il busto inclinato in avanti. Jean Martin Charcot, anni dopo, descrive e inserisce la rigidità muscolare tra i sintomi cardinali della malattia, oltre al tremore e alla bradicinesia, in quella che didatticamente sarà conosciuta come “triade di Charcot”.
Quali sono le cause del Parkinson?
Oggi ci sembrerà strano, ma James Parkinson attribuì la malattia all’inquinamento atmosferico legato allo sviluppo industriale in Inghilterra; molti autori hanno poi cercato una singola causa della malattia, ma senza alcun successo fino ai giorni nostri.
Sconfessate quindi le cause ambientali si è posta molta attenzione su quelle genetiche, anche se ci attende ancora molto lavoro per avere risposte. Ciò che invece abbiamo già sono maggiori conoscenze sui meccanismi con cui si esprimono danni ai sistemi cellulari (responsabili dell’insorgere della malattia), anche se non sappiamo ancora cosa li generi.
Insomma, resta ancora ignoto quale sia il primum movens che dà il la alla catena di eventi che portano alla morte precoce di alcune popolazioni di cellule nervose (neuroni), e in determinate zone di tutto il Sistema Nervoso (compresa la cosiddetta “susbstantia nigra”, area pigmentata ricca di cellule nervose che utilizzano come neurotrasmettitore la dopamina, condizione già nota dalla fine dell’800).
Qual è stata la prima, importante terapia per il Parkinson?
I primi risultati terapeutici significativi per la cura del Parkinson riguardano l’uso della levodopa, sostanza che l’organismo trasforma nel principale neurotrasmettitore carente nel malato parkinsoniano, e cioè la dopamina. Lo scienziato svedese Arvid Carlsson negli anni Sessanta somministrò per primo la levodopa ai roditori con sintomi parkinsoniani, ottenendo risultati sorprendenti. Il ricercatore svedese gettò così le basi di quella che presto divenne la cura più importante della malattia di Parkinson, scoperta che gli valse il premio Nobel nel 2000.
Puoi trovare altri post sul Parkinson nel mio blog. Sull’uso della levodopa leggi anche Quali sono le cure del Parkinson? E se hai bisogno di me, contattami.
Giuseppe Sanges
Specialista in Neurologia
Sono Medico specialista in Neurologia e in Ricerca epidemiologica delle malattie neurodegenerative. Da trent’anni curo quotidianamente persone affette da Parkinson, Cefalee e Alzheimer. Sono anche docente di Neuroscienze per Enti pubblici e privati.
Scrivo gli articoli che pubblico nel mio blog pensando ai miei pazienti e a coloro che, nelle loro ricerche su Internet, vogliono trovare informazioni scientifiche corrette. Spero di essere utile anche per te.